Quanto costa vendere una casa?

Chi vuole vendere il proprio immobile deve affrontare alcune spese. Ma la stima del suo valore è gratis. Ecco perchè

Quanto costa vendere una casa

Avete deciso di vendere casa e pensate di farlo a costo zero? Purtroppo non è possibile: qualche spesa bisogna affrontarla comunque. In questo articolo vedremo quanto costa vendere un immobile e quali sono i requisiti per poterlo fare.

Vendere casa come privato o tramite agenzia?

Fare a meno di una agenzia immobiliare o di un mediatore può essere una idea affascinante, per cercare di risparmiare su provvigioni (che vanno dal 2 al 5% del prezzo di compravendita, e talvolta vengono chieste solo al compratore) e commissioni. Peccato, però, che vendere casa sia una operazione solo apparentemente semplice, e i costi per la vendita siano molteplici. In realtà è più alla portata di chi ha una conoscenza approfondita del mercato e di tutta le leggi riguardanti l’argomento.

Siete sicuri, ad esempio, di avere tutto il tempo necessario per gestire le visite? Avete l’abilità necessaria per portare avanti una trattativa senza farvi sfuggire un potenziale acquirente? Sapete come presentare la casa negli annunci in modo da renderla più “desiderabile”? E avete la certezza assoluta che vendendo in autonomia riuscirete davvero a guadagnare di più?

Non è possibile fornire una risposta univoca a tutte queste domande, perché i fattori da prendere in considerazione sono troppi. Inoltre, conoscete con precisione il valore di mercato della vostra casa?  “Tirare a indovinare” guardando gli annunci immobiliari non è un criterio vincente da adottare. Molto meglio invece approfittare di un servizio già disponibile, completamente gratuito, come quello offerto da Tiscali Tagliacosti: compilando un modulo (bastano due minuti di tempo!) e fornendo pochi dati si ottiene una stima realistica del proprio immobile a cura di un team di esperti. Gli stessi che poi vi accompagneranno, se vorrete, in tutte le fasi della vendita.

I documenti necessari per vendere casa

Avete deciso di vendere il vostro immobile. Bene, ma prima di mettere gli annunci, siete sicuri di avere a disposizione tutti i documenti necessari? Vediamo quali sono i principali certificati che possono comportare una spesa per il venditore:

  • L’APE: l’Attestato di Prestazione Energetica è una certificazione, introdotta da una legge del 2013, che permette di calcolare la classe energetica di un edificio, classificandola con lettere che vanno da A4 (indica un immobile particolarmente efficiente nel risparmio energetico) alla G, la peggiore, di solito attribuita a case edificate molti decenni fa e prive di qualsiasi accorgimento (come gli infissi a taglio termico) riguardante l’efficienza energetica. L’APE è obbligatorio in caso di compravendita, donazione e locazione di un immobile. Il documento, della validità di 10 anni, deve essere predisposto da un tecnico abilitato e ha un costo approssimativo compreso tra 150 e 250 euro, a seconda dell’immobile e della regione in cui è situato.
  • Planimetria catastale: si tratta della piantina in scala di un immobile presente nel catasto. Qual è il costo della planimetria catastale? Nessuno, purchè si riferisca allo stadio attuale o sia presente nella banca dati informatizzata dell’Agenzia delle Entrate. Se nel tempo sono stati effettuati lavori di ristrutturazione si dovrà fare un aggiornamento della planimetria catastale, con costi che vanno indicativamente da 50 a 100 euro per diritti di segreteria, e da 150 a 300 euro per la parcella del tecnico abilitato a cui viene affidata la pratica. La conformità della piantina rispetto allo stato di fatto della casa è indispensabile, pena la nullità della compravendita.
  • Visura ipotecaria: è un documento, chiamato anche ispezione ipotecaria o visura ipocatastale, che certifica se l’immobile che si intende vendere è di uno o più comproprietari, e l’assenza di ipoteche, pignoramenti o decreti ingiuntivi. E’ consultabile online gratuitamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
  • Certificato di agibilità: precedentemente noto (per gli immobili ad uso abitativo) come certificato di abitabilità, è il documento che attesta la presenza di requisiti minimi affinchè una casa si possa considerare “abitabile”. E cioè, che sia in regola con le norme urbanistiche e che siano stati rispettati i criteri di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico. Dal 2013 si parla più precisamente di SCA (Segnalazione Certificata di Agibilità). La SCA è fondamentale da avere nel momento in cui si mette in vendita una casa. La sentenza n. 8199 del 1990 della Cassazione ha stabilito che l’acquirente a cui non venisse consegnata potrebbe addirittura chiedere la risoluzione della compravendita. Meglio farsi assistere, per la sua redazione, a dei tecnici. Il costo varia da qualche centinaio di euro a qualche migliaio di euro, nel caso debba eseguire un collaudo statico in seguito a un intervento di ristrutturazione.
  • Dichiarazione di conformità degli impianti: è un documento che certifica la conformità degli impianti (elettrico, idraulico, termico, evacuazione fumi, cottura, radiotelevisivo), realizzati dal 27/3/2008 in poi, a quanto stabilisce la legge. La dichiarazione di rispondenza, invece, è una dichiarazione di conformità da effettuare se gli impianti da certificare risalgono in un periodo compreso tra il 1990 e il 2008. Il costo di una dichiarazione di conformità è molto variabile, e rappresenta una delle voci dei preventivi delle aziende a cui ci si rivolge per creare ex novo o ristrutturare un impianto. Per una dichiarazione di rispondenza si spendono cifre dai 150 agli 800 euro (+IVA), purchè non si debba, ovviamente, intervenire sugli impianti stessi. Comunque sia, queste dichiarazioni non sono obbligatoriamente da inserire nel rogito, ma visto che sono parte integrante del Certificato di agibilità (o SCA, vedi sopra) è molto meglio averle a portata di mano. 

Altri costi da affrontare per vendere casa

Quelli di cui abbiamo parlato sono solo i documenti più comuni, potrebbero essercene altri a seconda della situazione dell’immobile.

Chi paga le spese notarili? Salvo diversi accordi tra le parti, l’acquirente. Quindi, chi vende può stare tranquillo? Relativamente. Ci sono casi di spese che possono far capo al venditore, riguardanti l’accettazione tacita di una casa ereditata, o per la ricerca di un atto di provenienza smarrito o ricevuto da un notaio non più in esercizio, o per altri casi da verificare col professionista.

E se l’immobile dovesse essere venduto prima di 5 anni da quando era stato acquistato? Attenzione, perché il fisco tassa la relativa plusvalenza immobiliare (cioè, se la casa è stata venduta a un prezzo superiore a quello di acquisto) perché la considera reddito. Si può sfuggire alla tassazione solo se l’immobile è stato per almeno il 50% del tempo l’abitazione principale del venditore e dei suoi familiari, o se la casa è stata ereditata o ricevuta in donazione.

Se invece (caso molto comune) sulla casa dovesse gravare ancora un mutuo non estinto, i relativi costi sono ovviamente a carico del venditore, e vengono saldati contestualmente alla vendita.

Vale davvero la pena vendere una casa in autonomia?

Considerata la quantità di documenti da produrre, le leggi in continuo cambiamento, il notevole dispendio di tempo necessario e la possibilità (concreta) di commettere errori che potrebbero costare caro, la risposta è: probabilmente no.

Meglio quindi affidarsi a dei professionisti, partendo dalla stima del valore del proprio immobile. Tiscali Tagliacosti offre gratuitamente questo servizio: perché non approfittarne?