Uno smartphone equo e solidale
Una piccola guida per avere telefonini longevi e rispettosi dell’ambiente
Gli smartphone sono probabilmente l’oggetto più diffuso nei paesi industrializzati e anche il più utilizzato quotidianamente – recenti statistiche rivelano che la navigazione su internet avviene sempre più dai cellulari e tablet e sempre meno dai computer. Nuovi modelli vengono messi in commercio circa ogni 6 mesi e ciò incoraggia i proprietari a sostituire i loro “vecchi” modelli, anche se ancora funzionanti. Questa enorme quantità di devices in circolazione, tuttavia, ha un grande impatto sull’ambiente, in termini di emissioni di CO2 e dispersione di sostanze nocive, e molte organizzazioni cominciano a occuparsi seriamente del problema.
Numerose ricerche vengono svolte periodicamente per calcolare l’impatto ambientale degli smartphone: esse tengono conto delle emissioni di gas serra lungo l’intero ciclo di vita del dispositivo, dalla “raccolta” delle materie prime, alla loro lavorazione alla loro dispersione nell’ambiente. Questa analisi prende il nome di Life Cycle Assessment, e non considera solo le “normali” emissioni ma anche ogni altra forma di minaccia all’ambiente e alle comunità umane, come ad esempio l’utilizzo di minerali rari – molto difficili da riciclare e spesso estratti in paesi poveri in condizioni lavorative a dir poco controverse.
L’unico problema con il LCA è che esso spesso si deve misurare con la scarsità dei dati a disposizione e catene del valore molto differenti tra loro. La sensibilità degli utenti sta comunque giocando un ruolo di primo piano nello spingere i produttori di elettronica a rendere la produzione dei propri dispositivi più green: per esempio utilizzando materiali e semiconduttori non provenienti da paesi in conflitto (Intel, HP e Motorola stanno facendo grandi sforzi in questa direzione) oppure eliminando totalmente i metalli rari dai propri smartphone.
Una alternativa etica ai grandi produttori è offerta da Fairphone (“Etico, aperto e costruito per durare”), uno smartphone Android, prodotto esclusivamente in condizioni di equità, con minerali provenienti da miniere che non si trovano nelle regioni di conflitto del Congo, e assemblato da lavoratori a cui sono garantiti diritti sindacali. Fairphone inoltre è un telefono “modulare” vale a dire progettato per essere facilmente aggiornato e riparato tramite la sostituzione dei vari componenti: l’obiettivo è durare il più possibile.
Infine, riguardo alla durata degli smartphone, vale la pena ricordare l’esistenza di The Restart Project, una associazione che promuove l’utilizzo intelligente (e prolungato) dei dispositivi elettronici, tramite la condivisione di tecniche e “trucchi” per la manutenzione e la riparazione, sempre per sfruttare al meglio i dispositivi e farli durare il più possibile. Recentemente The Restart Project ha diffuso sul suo sito alcuni dati riguardanti la cosiddetta global footprint – l’impatto ambientale globale – dei telefoni cellulari in forma di infografica. Per esempio, nel 2015 sono stati venduti 1,4 miliardo di smartphone: la loro carbon footprint è stata di poco sotto quella di un paese come l’Austria. Oppure, sempre RP, ha stimato che ognuno di noi usasse ogni telefono venduto nel 2016 per 1/3 in più del periodo previsto, in 3 anni taglieremmo un quantitativo di gas serra pari alle emissioni annuali di un paese come Singapore.
E se il nostro vecchio telefono sta davvero arrivando a fine corsa, forse possiamo ancora usarlo come sveglia, e-reader, emulatore di vecchie console, o possiamo anche trasformarlo in un lettore multimediale: tante sono le opzioni per riciclare e non buttare via il nostro vecchio smartphone!
Una produzione più sostenibile, smartphone “etici”, un utilizzo più intelligente e prolungato: queste soluzioni probabilmente non risolveranno il problema, ma indicano che la sensibilità dei consumatori in queste materie può fare la differenza e aprire la strada ad un approccio innovativo riguardo a produzione, uso, smaltimento e riciclaggio dei telefoni cellulari.
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